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Il mito degli occhi

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Il mito degli occhi



1

Tacevo antica

Tacevo antica nel consesso
dove ogni voce è ragione o vita,
stretta al mio nulla con rancoroso affanno,
dietro le mura alte del Tuo Sguardo
prima che i giochi fossero aperti.
Così non è radice in me che non sia immersa
- o peccato eternamente fitto -
in una terra dove crebbe un frutto
di polpa liscia e luminosa.
Poi fu vertigine
cadere nella morbida distesa,
con le foglie marce e con le ossa -
quando nell'aria immobile tutto s'offusca -
come cristallizzato nell'autunno.

2

E' capitato.

E' capitato l'urlo silenzioso
nello squarcio dove i volti
non sembrano presenza ma pulviscolo
che sale lentamente e trascolora.
Così nemmeno chiedere
può esserti d'aiuto -
se nella piazza immensa
rossi stendardi si gonfiano
ed è vertigine guardarli,
mentre uccelli volteggiano
poi scendono in un punto -
per sostare.
Cala un'ombra sui muri
- come tela -
e sui tetti riappare, trasparente,
la memoria della vita.









3

Padre

Padre, mia ferita, mio specchio,
è in me un'eco al tuo pianto ininterrotta
come il taglio scavato nel sasso,
secca come il fossile che vegliano
decrepite, mitiche memorie.
Ascolto la tua voce sorridente
e dolorosa, fingendo, come sempre,
solo più immobile nel vento -
il vento blu cupo dell'estate -
ebbro di mare e sconfinato inganno.
Fingo un altrove a te lontano, attenta
a non cadere nella fitta rete
che mi tessi attorno, giocando
con la benda che m'acceca
quando mi chiami e - muta - non rispondo.

4

Madre

Non più regina, in questa buia casa
umiliata nel fervore dei comuni affanni,
sbatti le ali inquieta e silenziosa,
tu che irradiavi bianca di fiero splendore
sui miei tenui giorni.

Leonessa supina al richiamo del sangue
afferri ogni parola trepidante e la divori -
per poi giacere cupa all' ombra di te stessa.

Grande sfinge di tristezza e rancore,
albero gravido di amari fiori,
arca immobile nella mia disfatta memoria,
ancora fiammeggi la mia vita
di deposto amore.













5

Remoto e uguale

Anche in me gorgoglia fondo un pozzo
dove balenano acri umori, cieli
sfilacciati, squarci di vecchi lampi.
Scendo così gradatamente
armata di silenzio, guardando cupa
chi beffardo mi sorvola,
ignaro del gorgo in cui sprofondo.
Nell'aria si disfa ammutolito il giorno
in grumi oscuri , estremi aromi
sospesi ancora sul filo della notte.
Allora pulsa la domanda che trafigge
chi, a me remoto e uguale, cerca
una pausa, almeno, in grembo all'ombra.

6

Creature

So dell'albero la spaccata scorza
che fa rabbrividire -
mentre una rondine s' abbassa,
falcia il vento e s'allontana.
So l'attesa del sole tra le torri
scomparse poco prima in fondo al cielo,
oltre la terra gonfia di antiche piogge.
Conosco la voce umida e sapiente
delle strade nebbiose di città,
o l'arrancare forte e ingenuo,
dei sentieri inermi tra le zolle.
E so di tutto questo la fatica
che fin dal primo giorno ci affratella,
creature nate da una sola polvere,
per sempre unite in una sola argilla.















7
Vertigine

Inizio e fine
centro contratto
in spasmodica attesa
d'una mano
che allenti la stretta
intersecando
dita a dita
calore a calore
in un vitale
immenso pulsare
dove confluiscano
nuclei informi
di pensieri
immagini ruotanti
di dervisci
inebriati.

8

Resterà

Resterà un libro non letto,
una giornata di vento lasciata
solitaria al vento?
Non so cosa sarà di me,
di questa vita vissuta a frantumi,
barlumi di luce riso e ombra.
Amore non sarà l'ultima parola
prima dell'eterno abbagliante orizzonte.
Intanto affido al vento
la voce e il mio respiro
e in questa pace che mi scorre
sull'anima, aspetto.

9

Non mi volterò più a guardare

Ancora così leggera, sofferente,
l'ombra che accarezza il vetro della stanza
dove tremano segreti umidi,
tra le pieghe dell'ombra.
Non lascerò entrare suoni
ne' sguardi chini
alibi per un no cullato da tremolanti,
striduli sorrisi - mentre su foglie lontane
piovvero lacrime ieri, all'imbrunire,
e nessuno sapeva.


10

Segreto minimo

Qualche passo sulla riva,
poca luce sul viso,
un soffio d'aria fresca tra i capelli -
tutto questo è nulla:
il breve sussulto della vita -
ci staccheremo poi
come foglie dal ramo.

11

Siamo figli di una solitaria terra,
dove eravamo un tempo
naviganti forme nell'aria,
senza nome - di noi viveva
il moto e il gesto innato,
mai infranto.
Lasciavamo sottili vie tracciate,
deboli aloni di luce
sul palmo della sabbia.
Noi eravamo il vento e la corrente
sotto il mare, noi il pulviscolo
dorato e l'azzurro gioco
tra le rocce. Noi le ali
degli insetti. Senza sapere.
Conoscevamo solo il lento
ruotare di stagioni, ed era nostro
l'odore della terra.

12

Mattino d'autunno

Interminabili pali di tristezza
sfilano nel vento - mentre lento
trascorre il volo alto dei gabbiani
che imparano spirali quiete
in cui sognare.
Respirare ancora l'ansia del mattino
mentre vagisce madido silenzio.
E ogni suono preme sul cuore
a scatti acuti - oramai nato,
oramai perduto.
Sopra vette indicibili di nubi
l'arco si tende di nuovo a squarciare
il ventre della luce che s'arrende,
vermiglia d'amore, e poi muore.

13

Non siamo

Tu che parli una voce di silenzio
e guardi assorto oltre quel varco
dove è già cielo il mare che si oscura,
conosci la stanchezza senza sfondi
di chi vacillando viene
verso pozzanghere di luce -
così mentre la luna ti ricopre
la curva troppo lieve delle spalle
non sai se è la tua pelle a rischiarare
o il fremito dell'acqua che si appanna
sulla riva - e poi scompare.

14

Giornata d'aprile

Amore, la vita ci lascia
il tempo di un gesto,
appena un respiro -
ma questa giornata d'aprile,
infinita di tersa speranza,
è il curvo getto di fontana
che schiude,offuscata,
la via che sorvoli.


15

Amen

Fu in me
piccola carne
sangue che non corse
ma si perse.
Poi silenzio.


16

Rosario

Si è aperto il tempo
come un melograno
dai piccoli semi scuri -
timide parole che sgranello
ad una ad una.



17

Ma non sarà sbagliare

Sarà l'ultima volta
buttare indietro il viso
come schivando in gioco
gli spruzzi troppo amari
di gonfie mareggiate.

La coppa arsa del cuore
berrà, da nubi aperte,
la pioggia luminosa
nel cielo di cristallo
che ora la rischiara.

Sarà ancora sbagliare
nascondere la fronte
tra le mani, nell'ora
che è quieto anche il dolore
e sfuma nel perdono.

Ma non sarà sbagliare
accorgersi nel balzo
che approda oltre la riva
dell'albero appuntito
che in sogno già svettava.


17

Hai spaccato il mio silenzio
con parole di pane, gesti d'ombra.
Mi hai aiutata a valicare
la ragnatela buia dei ricordi,
colonne d'aria che non bastano
alla vertigine che frantuma.
E mi siedi accanto, immoto mare,
profilo attento sulla nebbia
che ci geme attorno,
bianca veglia su morti insonni.
Riposo in te mio nudo amore,
nelle tue mani che mi hanno accolta.










18

Chi viene?

Non posso voltarmi
ne' guardare lo specchio
senza sentire - nell'aria -
un'ombra che vive
e ascolta le nostre parole.
Anche oggi è venuta
a toccarci le mani e i capelli
mentre sbriciolavamo
molliche di pane e silenzio
al chiaro sfilare di nubi.

20

Come potrò lasciarti

Come potrò lasciarti, albero
che nutre la terra sereno e saldo?
Esisti, nella mia vita smemorata,
come la tenda piantata nel deserto.
E quando tremo, ammutolita
nella risacca senza tempo,
tu, umano nella polvere che era
immensa luce di galassie,
mi stai dinnanzi come un tempio,
dove il silenzio - scalzo - ci accomuna.

21

Terra promessa

Se a ogni passo s'insinua antico
il dolore che uccide gli sguardi,
se come chiusa cappa pesa la vita
su giorni rubati all'esilio del sole -
non ci sarà chi schiuda la soglia
su orti di luce -
ma ognuno ferito dal primo bagliore
scaverà occhi nel cuore dell'ombra.
Ma allora è qui o altrove la terra promessa,
sentore di pioggia, tumulto che reca la traccia
di perse dimore?
Intanto ci basti un richiamo, il canto
d'un passero in templi senza suono,
a ricordarci la strada del Regno,
nella caduta che ancore ci offende.




























































































































 Gabriella Amstici - 08/03/2012 10:34:00 [ leggi altri commenti di Gabriella Amstici » ]

In questa stupenda silloge ritorna più volte il refrain del silenzio iniziato in un contesto familiare sottomesso e inerte.
Rievocando le ali della madre che sbattevano inquiete e mute, vengono contemplati i liberi voli di rondini e gabbiani nel continuo ricircolo del mare e del vento.
Uno sguardo seduttivo e un desiderio segreto fanno svanire su quel letto di foglie marcite l’alchmia di un silenzio così immobile e vuoto.
I brucianti ricordi inizieranno a sciogliersi nella "vertigine" che finalmente riuscirà ad assaporare l’ebbrezza di un rassicurante abbandono.
E i dolori si acquiteranno nei silenzi di una natura vibrante e molto amata.

Gabriella Amstici

 cristina bizzarri - 13/02/2012 16:45:00 [ leggi altri commenti di cristina bizzarri » ]

Grazie Leonora del tuo generoso commento. E’ davvero poesia animica la mia, e tu l’hai compreso. :-))

 leonora.lusin - 13/02/2012 13:00:00 [ leggi altri commenti di leonora.lusin » ]

Un testo abissale, in cui ricostruisci un paesaggio animico in tutti i suoi dettagli...le immagini mi si formano vorticose... tra tutte, sa sezione II che ha una musicalità perfetta tuttuna con le parole ed il loro senso...

 monica martinelli - 16/12/2011 14:44:00 [ leggi altri commenti di monica martinelli » ]

Molto bello e originale questo poemetto, caratterizzato da profondo lirismo e denso di spunti,riflessioni e di palpitante e intensa dolorosità della finitezza. Esprime con profonda sensibilità sentimenti compositi, affetti e un senso di appartenza alla terra e agli elementi della natura, come nelle strofe "Non siamo", "Come potrò lasciarti" e "Creature" (..e so di tutto questo la fatica..). Mi hanno colpito tantissimo le strofe "Madre" e "Padre" con versi davvero molto potenti come "Padre, mia ferita, mio specchio.." o "..fingo un altrove a te lontano.."
monica

p.s. ho erroneamente postato qui anche il commento dell’altra tua poesia

 monica martinelli - 16/12/2011 14:16:00 [ leggi altri commenti di monica martinelli » ]

Mi piace il tuo "biglietto da visita"!

Lo scorrere implacabile del tempo, e il suo portato di ricordi, si intreccia con la certezza della morte, ma la nostra finitezza si può sconfiggere solo nel silenzio del sogno..
Bellissimi i versi finali, e anche l’incipit: "Aspetto la pace dell’agnello col leone.."
ciao
monica

 Luca Soldati - 12/12/2011 17:13:00 [ leggi altri commenti di Luca Soldati » ]

...ovvero "noi siamo eterni e mortali perché l’eterno entra ed esce dall’apparire" (Emanuele Severino). Davvero molto belle queste sue composizioni.

 Domenico Morana - 12/12/2011 13:49:00 [ leggi altri commenti di Domenico Morana » ]

Un diadema con 21 gemme che a tratti mandano bagliori calogeriani.
Rileggerò tutto con più calma perché la prima scorsa è stata febbrile. Mi colpisce veramente tanta ebbrezza di debolezza:
1. Poi fu vertigine...
2. ed è vertigine guardarli,
7. Vertigine
17. alla vertigine che frantuma...

Saluti
Domenico

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